La villa del Duce

La villa del Duce

L’affascinante isola della Maddalena ha avuto tra i suoi ammiratori personaggi del calibro di Napoleone, Garibaldi e l’ammiraglio Nelson. Un’altro non meno famoso vi avrebbe messo piede suo malgrado durante l’ultima guerra. Per venti giorni, dal 7 al 27 agosto 1943, Mussolini fu imprigionato in una villa sull’isola, appositamente requisita dallo Stato Regio Italiano. La bellissima struttura costruita da un facoltoso commerciante inglese a fine 800, è dunque a pieno titolo un’importante testimonianza della seconda guerra mondiale. Anche per tale ragione è assurdo condannarla al destino di rudere, quando invece andrebbe recuperata e valorizzata. La villa che il Duce aveva abitato per sole due settimane era stata di proprietà di James Phillipps Webber. Un’uomo misterioso amante dell’arte e della natura. Di lui si sapeva molto poco, sicuramente viveva di affari, ma questa attività poteva essere una copertura. In molti lo accreditavano come una spia al servizio della regina d’Inghilterra.

La villa del Duce, scenario drammatico ma involontario del conflitto, non ha ovviamente nessuna colpa storica. Qualcuno potrebbe sostenere che ė stata abbandonata al suo destino per non farla diventare un luogo di pellegrinaggio dei nostalgici fascisti. Ma tale teoria non sta in piedi. Se fosse questa la logica allora la città di Roma, solo per citarne una, dovrebbe radersi al suolo. Oggi come ieri sorge in un suggestivo promontorio intatto, dalle sue finestre poste a levante si può godere un panorama unico. È immersa in un parco di pini frequentato dalla fauna selvatica che da decenni vi scorrazza indisturbata. È anche la dimora di una grande colonia di gatti che non di rado si sentono piangere sulle sue rovine. È molto triste vederla ridotta così, un ricordo penoso del suo nemmeno troppo antico splendore. difficile da tollerare senza provare almeno a fare qualcosa per salvarla.

La villa del Duce era stata arredata con un mobilio delizioso e prezioso, quando venne adibita a prigione, Mussolini la trovò praticamente vuota. Il suo costruttore proprietario vi aveva fatto affrescare le pareti, negli spazi liberi appeso quadri di autori importanti. La grande biblioteca era costituita da una stupenda collezione di libri rari, il suo valore era tale che non li faceva toccare nemmeno alla servitù per spolverarli. Non mancavano nemmeno gli oggetti di varia manifattura artistica che Webber amava tantissimo mostrare orgogliosamente ai compiaciuti ospiti che lo onoravano con la loro presenza. Alla sua morte le stanze della villa vennero saccheggiate. La parte di arredi che i ladri non riuscirono a portare via furono messi all’asta dagli eredi nel 1928, anno in cui fu abitata per l’ultima volta in maniera stabile. Quello che non si capisce è come sia ammissibile  tollerare ancora un degrado del genere. 

Come sia possibile che una struttura bellissima, collocata in un luogo unico e suggestivo non riesca ad attirare l’interesse di un’investitore se non pubblico almeno privato. Se ne potrebbe fare un museo o una struttura ricettiva. Ma forse in questo nostro bel Paese ci vorrebbe un radicale cambio di direzione. Abbiamo un patrimonio edilizio immenso che andrebbe recuperato e valorizzato. Invece lo abbandoniamo a se stesso mentre nel contempo continuiamo a sprecare la terra. Edifichiamo dappertutto ed in maniera irregolare. Riempiamo di cemento le nostre stupende coste, costruiamo persino sui vecchi alvei dei fiumi, con conseguenze tragiche e spesso mortali. Si può dire che la villa del Duce ha perso il suo contegno inglese. Il suo vecchio proprietario, spia o meno che fosse, avendo tra tanti luoghi scelto la Maddalena per passarci la vita e morirci non lo merita. 

Ė compito delle nuove generazioni riscattarla da un’ignobile destino. È nata prima dell’avvento del fascismo e vi è sopravvissuta se pur conciata molto male. Ora non lasciamola morire insieme a quel tragico ricordo.

Informazioni su Antonio Rudas 72 Articoli
Responsabile del blog www.isolafantasma.it